Marzo 22, 2021/Health
  • By Matteo - Studio Futuroma
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SI STIMA che il 30% del miele commercializzato nel mondo sia frutto di contraffazione tramite l’aggiunta di sciroppi. A riportare il dato, raccolto nel 2019 al congresso Apimondia di Montréal, è Diego Pagani, presidente del Consorzio nazionale apicoltori Conapi, che da anni si batte per rafforzare i controlli nel settore apistico, già minato dai cambiamenti climatici e dalla presenza nell’ambiente di pesticidi e agenti chimici (secondo la Fao, la popolazione delle api è in declino del 37%).

Che il miele sia soggetto a frodi non è una novità: già nel 2013 il Parlamento europeo lo inserì tra i primi dieci alimenti a maggior rischio di adulterazione. E a fronte di una composizione nutrizionale complessa è sempre stato difficile individuare gli imbrogli. I principali componenti del miele sono, infatti, zuccheri, acqua, sali minerali, acidi organici, enzimi e polifenoli, ma gli stessi nutrienti possono differenziarsi in 200 composti diversi e a concentrazioni variabili a seconda del momento in cui il miele viene raccolto, della regione e della specie floreale da cui proviene (acacia, tiglio, castagno…). Perciò, quando si tratta di rilevare le frodi nel miele, si è davanti a una concreta sfida scientifica.

La contraffazione

I modi in cui viene contraffatto il miele sono tre: “I primi due riguardano la falsa dichiarazione in etichetta dell’origine geografica o botanica; il terzo la composizione nutrizionale, che viene alterata con sciroppi provenienti da canna o barbabietola da zucchero, riso oppure mais”, spiega il presidente Conapi. Riconoscere le falsificazioni di origine botanica e geografica non è troppo complicato grazie all’analisi melissopalinologica, che permette di osservare quali pollini sono presenti nel miele e in quali quantità. Così si distingue il Paese e la pianta di provenienza, perché ogni nettarifera ha il suo polline e le varietà che crescono in Italia, ad esempio, non crescono in Sud America. Le difficoltà sono iniziate, e sono tutt’ora presenti, con la frode degli sciroppi aggiunti, “che sta distruggendo il mercato perché, con una capacità di produzione altissima e un costo minimo, il miele tagliato viene venduto a prezzi troppo bassi e concorrenziali rispetto a quelli dei mieli di qualità” sottolinea Pagani.

La Cina

Secondo l’esperto, apicoltore da oltre 25 anni, l’insidia maggiore proviene dalla Cina. “In Oriente il miele viene adulterato in due modi: lo sciroppo è aggiunto al prodotto finale – anche fino al 40% – oppure viene utilizzato per alimentare le api durante il raccolto. Spesso non viene nemmeno prodotto concretamente dagli insetti, perché i produttori estraggono il nettare ancora immaturo, lo raffinano e poi aggiungono polline nelle quantità normalmente presenti nel miele. Si calcola che la Cina produca il 90% del suo miele con queste modalità e lo venda a poco più di un euro al chilo”. Secondo i dati forniti da Ismea, la Cina spicca nella produzione mondiale con circa 457 tonnellate annue, mentre l’Italia detiene il record di varietà (ne conta oltre 50), ma ha una capacità produttiva di circa 17 tonnellate (dato 2020), insufficiente a soddisfare la domanda. Per questo, come l’Europa, è costretta a importare ingenti quantità di miele: il principale fornitore dell’Ue è la Cina, seguita dall’Ucraina, mentre quello dell’Italia è l’Ungheria. E il prodotto importato ha quasi sempre prezzi notevolmente inferiori a quelli nazionali.

Ma anche l’Europa

Tuttavia i cattivi del miele non sono solo extra-europei. Come racconta Albino Gallina, chimico del Centro di referenza nazionale per l’apicoltura, presso l’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie: “Nel 2015 la Commissione europea ha istituito un piano di controllo per analizzare campioni di miele provenienti da tutta Europa, riferendo dei sospetti sull’utilizzo degli sciroppi anche tra i mieli nati sul territorio comunitario”. Perché è così difficile individuare l’aggiunta di sciroppi? “Il miele è costituito da fruttosio e glucosio e gli zuccheri contenuti negli sciroppi sono sempre fruttosio e glucosio, quindi simulano perfettamente la sua composizione”, spiega il chimico. Chi fa controlli, ha a disposizione svariati test per individuare la presenza di sciroppi, ma nonostante “negli ultimi anni la sorveglianza sia aumentata, il miele contraffatto riesce comunque a passare perché chi lo produce ha sviluppato tecniche raffinate per far sì che una volta arrivato in Europa passi i test”, chiude il presidente Conapi.

I test

Stefania Carpino, direttore del laboratorio di Perugia dell’Ispettorato centrale repressione frodi (Icqrf), l’organo del ministero delle Politiche agricole che si occupa del controllo degli alimenti, spiega che uno dei test più utilizzati è quello che calcola i rapporti isotopici tra le molecole di carbonio. “Gli zuccheri derivanti da canna da zucchero e mais appartengono al gruppo delle piante C4, mentre il nettare e le proteine del polline raccolti dalle api provengono prevalentemente da piante nettarifere, le cui molecole di zucchero vengono sintetizzate nel ciclo fotosintetico C3”, specifica l’esperta. Se nel miele viene aggiunto uno sciroppo proveniente da una pianta C4, il rapporto isotopico è in grado di smascherarlo, ma il problema è che alcune piante da cui provengono gli sciroppi, come barbabietola da zucchero e riso, sono anch’esse piante C3 e il test può essere ingannato. “Altri due strumenti – aggiunge – sono il test HPLC-MS, che permette di individuare gli sciroppi rilevando la quantità di fruttosio, che ad esempio nello sciroppo di mais o di riso è molto più alta che nel miele normale, oppure l’Orbitrap, in grado di identificare molecole che non dovrebbero essere contenute anche in piccolissime tracce”.

Sono proprio questi residui, più che gli zuccheri aggiunti tramite sciroppi, a minare il benessere di chi mangia il miele secondo Gallina, che fa ricerca per capire se le frodi alimentari possono avere ricadute sulla salute del consumatore: “Il problema non è tanto la presenza di fruttosio e glucosio da barbabietola o mais, quanto la presenza di fitofarmaci non autorizzati o in quantità non ammesse dall’Europa, perché le piante possono essere coltivate in un Paese in cui le normative sui trattamenti sono diverse e meno restrittive rispetto alle nostre. Sia quelle da cui derivano gli sciroppi, sia quelle da cui deriva miele puro ma con origine botanica o geografica falsificata”.

Il miele fa bene

Gli zuccheri aggiunti con lo sciroppo non faranno male alla salute, ma di certo impoveriscono la qualità nutrizionale del miele, un alimento non sempre ben visto dai nutrizionisti, ma che negli ultimi anni, racconta Raffaella Cancello, specialista in scienza dell’alimentazione dell’Irccs Istituto Auxologico Italiano, “è stato riabilitato sia per l’apporto di flavonoidi, antiossidanti contenuti soprattutto nelle varietà più scure e dense come il miele di castagno, sia per la sua natura di zucchero naturale e poco processato, quando di qualità. Inoltre, è un ottimo sostituto dello zucchero da cucina, soprattutto nella preparazione di dolci o per dolcificare bevande calde, perché ha un potere edulcorante maggiore, quindi se ne utilizzano minori quantità, e apporta meno calorie”. Le dosi raccomandate? “Massimo 20 grammi al giorno, corrispondenti a due cucchiaini colmi”, suggerisce Cancello. Mentre per la scelta al supermercato analizzare bene le etichette (quando si legge “miscela di mieli non originari della UE” potrebbe trattarsi della Cina, uno dei principali importatori) e valutare il rapporto qualità-prezzo. Altrimenti cercare un apicoltore della zona per visitare direttamente la filiera e acquistare in azienda.

Fonte: www.repubblica.it
Articolo di Giulia Masoero Regis

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